Autori finalisti - Terra di Salgari

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Autori finalisti

Albo D'oro > Edizione 2010





PINO CACUCCI


VINCITORE DELLA TERZA EDIZIONE DEL PREMIO "EMILIO SALGARI"

Pino Cacucci è scrittore, traduttore, sceneggiatore. È nato nel 1955 ad Alessandria, è cresciuto a Chiavari, si è trasferito a Bologna nel 1975. Dal 1982 al 1988 ha vissuto in Messico, paese che ha raccontato in libri famosi come La polvere del Messico, Puerto Escondido, Demasiado corazón, San Isidro Futbol. I suoi viaggi e vagabondaggi sono da sempre la fonte d’ispirazione primaria per i suoi racconti. Oggi, se gli chiedono “di dove sei?”, non sa più cosa rispondere.




LE BALENE LO SANNO. VIAGGIO NELLA CALIFORNIA MESSICANA


Tu dici California e pensi al Golden Gate di San Francisco, alle spiagge sabbiose di Malibu, agli studi cinematografici di Hollywood. E invece, appena più giù, c’è un’altra California, che a metà Ottocento seppe resistere all’avanzata delle truppe statunitensi e conservare la propria integrità e indipendenza. È la Baja California, la California messicana: la più lunga penisola del mondo, quasi duemila chilometri conficcati nel cuore dell’Oceano Pacifico. Pino Cacucci è ritornato nel “suo” Messico per attraversarla e per raccontarla, da sud a nord, da La Paz alla frontiera di Tijuana. Lungo la Carretera Federal 1, detta anche Transpeninsular, ha raccolto storie di pirati e tesori sepolti, di gesuiti e missioni abbandonate, di indios e viaggiatori perduti. Sulle orme di Steinbeck, che qui viaggiò nel 1940, ha riscoperto leggende di regine e perle giganti. E ovviamente si è immerso nella strepitosa natura della Baja, nelle sterminate distese di cactus, nel paesaggio lunare delle saline, nelle montagne che hanno forma di donna. E nelle baie d’incanto dove le balene si avvicinano allegre per giocare con le barche dei pescatori. Perché il Messico fu il primo paese, più di sessant’anni fa, a creare riserve protette per questi animali dall’intelligenza misteriosa, e loro lo sanno – lo hanno certamente capito – che gli uomini non sono tutti assassini, e che da queste parti vive un’umanità più autentica e amichevole.












































MINO MILANI


Mino (all’anagrafe, Guglielmo) Milani (Pavia, 3 febbraio 1928) si laurea in lettere presso l’Università di Pavia nel 1950; dal 1953 inizia un’intensa attività pubblicistica che lo porta alle prime collaborazioni giornalistiche e alla pubblicazione dei primi libri.

Nel 1963 il direttore del mitico “Corriere dei Piccoli”, Guglielmo Zucconi, lo chiama far parte della redazione. Giornalista professionista dal 1964, ha scritto anche per altre testate del Gruppo Corriere della Sera, tenendo per anni la celebre rubrica “La realtà romanzesca” sulla “Domenica del corriere”. Responsabile letterario del “Corriere dei Ragazzi”, conclude l’attività giornalistica diretta quale direttore del quotidiano “La Provincia pavese” nel 1977/78 (giornale al quale tuttora collabora). Continua la collaborazione a vari quotidiani (“Corriere della Sera”, “La Stampa”, “Il Giorno”, “Il Tempo” ed altri) nonché a vari periodici. E’ autore di saggi storici e di biografie, delle quali ci cita particolarmente: Giuseppe Garibaldi, biografia critica, considerata dalla critica la più completa biografia dell’Eroe; è l’unico libro occidentale sull’argomento che sia stato pubblicato in Cina negli ultimi cento anni. Molti dei suoi romanzi hanno come sfondo la città di Pavia (della quale ha narrato la storia in un’opera di tre volumi, e di cui è a ogni effetto considerato “lo scrittore”); di essi i più noti sono è Fantasma d’amore, (Mondatori e Rizzoli, e il film di Dino Risi con Marcello Mastroianni e Romy Schneider), nonché il lavoro autobiografico Quei due anni d’amore e di guerra, (Piemme) dedicato al periodo 1943/45. Con i tre romanzi che formano quella chiamata da Giuseppe Pontiggia “la grande trilogia militare“, Romanzo militare (Camnia) , L’uomo giusto (Rizzoli) e La fine della battaglia (Camunia) ha rispettivamente vinto un Premio Catullo Sirmione, un Premio Hemingway, e un Premio Barocco.

Per quanto riguarda la letteratura junior, che predilige, numerosi suoi libri sono entrati nella Scuola, dove sono anzi tra i libri di lettura più diffusi. Ama soprattutto narrare d’avventure, di cui nel recente L’autore si racconta (Francangeli) ha chiarito significato e metodo. La sua più celebre opera d’avventura è certamente la Serie dei romanzi Tommy River che, come è stato scritto “hanno segnato più d’una generazione di lettori”.

Di lui scrive Gianni Rodari: “Per raccontare avventure, secondo me, tra quanti sono nati dopo Salgari non c’è nessuno più bravo di Mino Milani in Italia. E se ce n’è uno in Europa, io non lo conosco”.

Alcuni dei suoi best-sellers junior, come Martin Cooper, L’ultimo lupo, (tradotto in spagnolo e in coreano), Un angelo, probabilmente sono stati tradotti in russo, giapponese e coreano. Lungo è l’elenco dei suoi premi letterari, come il Bancarellino, l’Andersen, il Lunigiana, Libri senza frontiere, ed altri. Si potrebbe dire che, da una decina d’anni, non v’è suo libro junior che non ne abbia meritato uno. Autore di sceneggiature di fumetti illustrati dai massimi disegnatori non solo italiani, s’è meritato nel 1972 il “Yellow Kid” e recentemente il “Cartoomics”.


L'AUTORE SI RACCONTA


Chi è Mino Milani? È, prima di tutto, uno scrittore per ragazzi. Ed è lui stesso, in queste pagine, con stile lieve e garbato, a ripercorrere una vera e propria autobiografia letteraria che si legge tutta d'un fiato.

"Ho cominciato a scrivere per ragazzi nel 1953, quando avevo venticinque anni, e credevo a quanto facevo esattamente come oggi. Sarà perché tutto sommato mi è andata bene, sarà perché sono sempre stato pessimista, ma non mi piacciono quelli che sospirano la perduta gioventù e rimpiangono le sue speranze, o addirittura le chiamano illusioni. Mai avuto illusioni, mi pare. Del resto, quelli della giovinezza non sono stati per nulla i miei anni migliori, né me la sento di rimpiangere quelle tristezze e quei tanti giorni gettati via nel tentativo di non gettarli. È andata in ogni modo così, e poiché siamo nel 2009 e il mio ultimo racconto, Udilla è stato pubblicato quattro anni fa, ho scritto per ragazzi per più di mezzo secolo".







ALFREDO COLITTO


È nato a Campobasso, ha studiato a Bologna e ha vissuto molto all'estero, soprattutto in Messico, dove ha ambientato il suo primo romanzo, Café Nopal (Alacrán, 2005). Ha pubblicato inoltre Aritmia Letale (Giallo Mondadori, 2008), Duri di Cuore (Perdisa, 2008) e Bodhi Tree (Crisalide, 2004). Ha partecipato a numerose antologie di racconti, tra cui: Killers & Co. (Sonzogno, 2003), Fez, struzzi & manganelli (Sonzogno, 2005), Il ritorno del Duca (Garzanti, 2007), History & Mystery (Piemme, 2008), Anime Nere Reloaded (Mondadori, 2008). Collabora inoltre come editor e traduttore con alcune tra le maggiori case editrici italiane, scrive soggetti per il cinema e la televisione, e insegna scrittura creativa presso la scuola “Zanna Bianca” di Bologna e la scuola “Ishmael” del CDM di Rovereto.











CUORE DI FERRO


Bologna,1311. Il cadavere di un uomo ucciso in modo orrendo viene portato a notte fonda a Mondino de' Liuzzi, medico e anatomista dello Studium. Nel torace, aperto con una sega, il cuore dell'assassinato è stato trasformato in un blocco di ferro. Mondino, sedotto dalla possibilità di scoprire il segreto che consente di trasformare il sangue in ferro, aiuta Gerardo da Castel Bretone, un giovane cavaliere templare che si nasconde sotto i panni di studente di medicina, a far sparire il cadavere. Per coprire Gerardo, il medico è costretto a mentire all'inquisitore Uberto da Rimini, feroce accusatore dei Templari: la sua unica speranza è quella di arrivare all'assassino prima dei domenicani. Ma altri due cadaveri vengono ritrovati nelle stesse condizioni, e la corsa contro il tempo si fa sempre più pressante. Preso di mira dall'inquisitore, disposto a tutto pur di dimostrare la verità delle sue tesi, Mondino sfugge a stento all'arresto e solo grazie all'intervento del podestà, acerrimo nemico dell'Inquisizione, riuscirà a mettere le mani sul misterioso assassino. Nell'autunno del 1310 tre cavalieri templari, a Napoli, a Cipro e a Toledo, ricevettero una copia della stessa lettera, scritta in un latino privo di errori e contenente alcune variazioni riguardo al luogo e al giorno dell'appuntamento. Ne restarono stupiti e preoccupati e furono propensi a credere alla sua veridicità quando, nel tubo di rame che conteneva la pergamena, ciascuno di loro trovò, avvolto in un pezzo di seta nera, un oggetto che possedeva il fascino repellente di un rettile: un dito umano scheletrito, coperto da un reticolo di vasi sanguigni, senza pelle né unghia. Le vene però erano fredde, dure e scure, costituite da filamenti di metallo




 
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