Emilio Salgari - Terra di Salgari

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Emilio Salgari

Written by Consorzio Pro Loco Valpolicella


Un grande scrittore d’avventure. I misteri e le leggende intorno alla vita e all’opera di Emilio Salgari, nato a Verona il 21 agosto del 1862, cominciano dal nome. Si dice, infatti, "Salgàri" o "Sàlgari"? In questo caso, la risposta è semplice: "Salgàri", poiché deriva da "salgàr", una pianta di salice, ancora diffusa nel veronese, dove è persino possibile trovare la contrada dei "Salgàri" tra i monti della Lessinia che sovrastano il capoluogo scaligero.

Infante, è messo a balia da Maddalena Cinquetti a Negrar, in Valpolicella. Le vicende scolastiche lo segnalano come un alunno svogliato, dotato solo in storia e geografia. Giovanissimo lascia Verona e s’iscrive all’Istituto Nautico di Venezia. Non conclude gli studi e non diventa capitano di gran cabotaggio anche se, in seguito, millanterà di aver conseguito il brevetto e di aver solcato gli oceani. Per difendere l’incauta affermazione sarà perfino costretto a battersi in duello con Giuseppe Biasioli, un giornalista rivale. Forse, si era imbarcato sul trabaccolo Italia Una che lo aveva condotto da Venezia a Brindisi e, ad onor del vero, da quel porto pugliese egli avrebbe potuto raggiungere Ceylan, l’Egitto o l’India, proprio in quel breve anno in cui i biografi hanno perso le sue tracce, tra la fine del 1881 e la fine del 1882, allorché rientra a Verona. In ogni caso, i suoi viaggi sono tali solo sulla carta.

La carriera letteraria di Emilio Salgari inizia nell'estate del 1883, quando collabora alla stesura definitiva del romanzo Angiolina dell'abate Pietro Caliari, suo antico insegnante, ed inizia le attività di giornalista e di scrittore. Per il quotidiano "La Nuova Arena", commenta gli avvenimenti di politica internazionale usando lo pseudonimo di Ammiragliador, si occupa di cronaca teatrale come Emilius e scrive, in rapida successione, un racconto e due romanzi di appendice: Tay See, La Tigre della Malesia e La favorita del Mahdi. Intanto si distingue come ginnasta e schermidore della Società Bentegodi. Fonda il Circolo Velocipedistico e ne diventa presidente. Nel marzo 1885, per migliorare le sue condizioni economiche, passa all'"Arena", diretta da Giovanni Antonio Aymo, dove lavorerà sino alla fine del 1893, anno in cui si trasferisce a Torino per collaborare, senza vincoli contrattuali, con gli editori Speirani e Paravia.

Nel 1896, stringe rapporti più stretti con Antonio Donath e, nel 1898, si trasferisce a Genova, per ritornare poi, due anni più tardi, nel capoluogo piemontese. Donath crede, come nessun altro, in Salgari e gli affianca i migliori illustratori del tempo: Pipein Gamba, Gennaro Amato e Alberto della Valle. Da quest’intesa nasce il tipico libro salgariano: testo mediamente lungo, copertine vistose, immagini intriganti, efficaci intrecci e incalzante ritmo narrativo. In quegli anni di felice vena Salgari licenzia i suoi migliori romanzi: Il Corsaro Nero, La capitana del Yucatan, Le figlie dei Faraoni, Capitan Tempesta e alcuni volumi del ciclo indo-malese che, insieme alla lugubre figura del conte di Ventimiglia, gli procureranno una fama indiscussa tra i lettori.

Non è ricco, ma nemmeno povero, come raccontano i più. Non scrive per sopravvivere, piuttosto per garantire alla sua famiglia una decorosa vita borghese. Nel 1906, sottoscrive con l'editore Bemporad un lucroso contratto, tra i più impegnativi di questa casa editrice: egli è pagato, per fare qualche esempio, più di Luigi Capuana e di Marino Moretti. In cinque anni di attività, scrive per l’editore fiorentino una ventina di romanzi tra cui Sandokan alla riscossa, I Corsari delle Bermude, Il Leone di Damasco. Bemporad pubblicherà anche l'unico romanzo a sfondo autobiografico, La Bohème italiana, in cui risulta evidente l'influenza del movimento scapigliato. Tuttavia i ritmi rallentano e i testi licenziati si riducono di numero. Spezza per sempre la penna, come scrive in una delle sue ultime lettere, il 25 aprile 1911, prostrato dal ricovero della moglie in manicomio. L’ispirazione di un tempo cominciava a sopirsi, il gran mondo letterario lo ignorava ma, più di ogni altra cosa, gli erano venute meno quelle armonie familiari che gli consentivano di svolgere al meglio la sua professione. In poco più di vent’anni, Salgari aveva scritto un’ottantina di romanzi, numerosi racconti e centinaia di articoli.

Egli aveva vissuto ai margini della cultura ufficiale, ma non ne era estraneo. Le sue prove letterarie erano in sintonia con il mondo che lo circondava. Aveva una formazione positivista, era l’interprete più importante del dilagante orientalismo italiano che coinvolgeva autori come Edmondo De Amicis e Gabriele D’Annunzio. Era un vorace lettore e un autore originale che, sin dagli esordi, si era posto in relazione con il grande romanzo d'avventura moderno. Conosceva l’opera di Robert Louis Stevenson e apprezzava i romanzi di Alexandre Dumas, di Fenimore Cooper e di Edgard Allan Poe. Si considerava un ammiratore dei Viaggi Straordinari di Jules Verne e teneva in gran considerazione Gustave Aimard, Louis Boussenard e Thomas Mayne Reid.

Era un uomo di cultura. Conosceva la geografia, le scienze naturali e la storia come pochi altri. Disegnava egli stesso le carte su cui tracciare i percorsi dei suoi eroi e curava meticolosamente ogni dettaglio (trame, ambienti, nomi, personaggi) prima di iniziare una nuova avventura sulla carta. Nelle biblioteche di Verona e Torino utilizzava repertori, dizionari, enciclopedie, atlanti e carte geografiche. Leggeva riviste di viaggi dal forte sapore esotico: dal popolarissimo "Giornale Illustrato dei Viaggi" dell’editore Sonzogno al raffinato "Giro del Mondo" pubblicato da Treves. I diari, le memorie, i reportages, le lettere di viaggiatori, esploratori, militari e missionari erano preda del suo insaziabile desiderio di conoscere.

Emilio Salgari non era uno scrittore isolato e atipico. A cavallo tra Otto e Novecento era riconosciuto come un vero "capo-scuola" del genere "fantastico": originale ispiratore di generi letterari (l’avventuroso, il fantascientifico e il nero) cui, tra i primi, aveva dato ampio spazio su "Per Terra e per Mare", la rivista da lui diretta per conto di Donath, tra il 1904 e il 1906. Il periodico fu una palestra per giovani autori che volevano seguire con originalità le orme del maestro. Da questo punto di vista, si conosce assai poco dell’influenza che esercitava sul mondo editoriale italiano, nelle redazioni delle riviste che a lui si ispirano, tra i numerosi imitatori, epigoni o autori di veri e propri falsi salgariani. Salgari era, dunque, portatore di una originale poetica, di uno stile forse discutibile ma unico e inimitabile. Purtroppo, ancora oggi, molti credono di aver letto Salgari, ma non è vero perché i suoi testi sono stati manomessi, indifferentemente ridotti o ampliati. La quantità di falsi messi in circolazione tra gli anni Trenta e il secondo dopoguerra è incontrollabile. Eppure anch’essi hanno contribuito in qualche modo a portare l’eco della sua voce e degli eroi immortali da lui creati. Salgari era un professionista che trascorreva il suo tempo a scrivere: era davvero un forzato della penna che si identificava nel suo lavoro. I suoi straordinari romanzi sono la cosa più preziosa che ci abbia lasciato, poiché lo scrittore ha nascosto l’uomo in una zona oscura, inavvicinabile.

Il suo compagno segreto era Salgari stesso. Non a caso, il più importante dei suoi alter-ego, il Capitano Guido Altieri, così noto in Sicilia attraverso le edizioni Biondo di Palermo, che tentò di fare ombra al famoso romanziere presentandosi come il vero erede italiano di Jules Verne, non era altro che un suo pseudonimo. Solo il buon senso editoriale di Bemporad e i lauti assegni che staccò in favore del Capitano, posero fine all’esistenza di un apprezzato narratore che Emilio Salgari amava presentare come suo "nipote".

Come grande narratore di avventure egli occupa ancora oggi un posto rilevante nella storia della letteratura italiana e internazionale. Negli ultimi tre anni, per fare un esempio, il Corsaro Nero, è stato tradotto in quasi tutte le lingue.

Le coltri della leggenda cominciano ad essere scompaginate ma approfondire è compito arduo. È molto difficile, infatti, trovare documenti e materiali originali in cui il popolare scrittore d’avventure parli della sua opera, del suo modo di lavorare, della sua vita. Nelle poche occasioni in cui egli ha avuto modo di parlare di se stesso ha, volentieri, mentito.


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